Gli speleologi sono, innanzitutto, i geografi del sottosuolo: esplorano e descrivono cavità sotterranee. Andrebbero quindi forse meglio chiamati “speleonauti” o “speleografi”, se non fosse che solo un profonda conoscenza dei “processi di formazione ed evoluzione delle grotte” (speleogenesi) consente agli esploratori-geografi di ambienti ipogei, di ipotizzare e verificare le direzioni di sviluppo delle grotte e quindi di accrescere scoperte e conoscenze. I territori carsici sono quelli maggiormente battuti alla ricerca delle cavità. E’ questo il legame principale tra speleologia, intesa come pratica esplorativa e descrittiva delle grotte, e carsismo, che costituisce un settore delle discipline geomorfologiche delle Scienze delle Terra. Non tutte le cavità sotterranee si aprono in contesti carsici ma il legame tra speleologia e carsismo riguarda anche una lunga storia comune di sviluppo dei saperi e di affinamento di tecniche e strumenti.
La Puglia è una delle regioni carsiche per eccellenza; è quindi ovvio che la speleologia abbia qui avuto terreno fertile già nella prima metà del XX secolo, anche per il grande impulso dato dalla scoperta delle Grotte di Castellana da parte di Franco Anelli. Nel Salento, dagli albori del 1900, i cultori delle discipline preistoriche conoscevano Grotta Romanelli e altre cavità carsiche a sviluppo orizzontale, archeologicamente rilevanti.
Le prime esplorazione delle cavità a prevalente sviluppo verticale del Salento furono effettuate proprio ad opera di quel cenacolo di naturalisti intellettuali, che già da decenni seguiva le ricerche pionieristici di studiosi come P. E. Stasi e G. A. Blanc, e dal quale trasse poi origine, a partire dalla fine degli anni ‘30 la prima associazione di speleologi del Salento, il Gruppo Speleologico Salentino con sede a Maglie. Tuttavia le attività speleonautica e speleografica nelle cavità verticali dovettero iniziare solo alcuni lustri più tardi, annotando P. Parenzan (1954) che ancora agli inizi della seconda metà del XX secolo, “le esplorazioni erano state limitate alle cavità a sviluppo orizzontale o prevalentemente tale”.
Dalla sua fondazione, il Gruppo Speleologico Neretino, ha affrontato cavità sempre più impegnative. Nel 1973 venne allestito un primo campo speleo presso le Vore di Barbarano, voragini che vennero così attraversate dagli speleologi neretini per mezzo delle scalette in uso in quel periodo. Il G.S.N. è stato poi tra i primi a utilizzare le tecniche di progressione su corda nelle grotte emerse oltre che le attrezzature di progressione speleosubacquea nelle grotte sommerse. Tale attività esplorativa e documentativa trova riscontro nelle circa cento grotte subacquee e terrestri che sono state sino ad oggi inserite nel Catasto Regionale delle Grotte, sotto la sigla G.S.N..
Le attività esplorative del gruppo si svolgono in territorio salentino, in altre zone d’Italia ed all’estero. Nell’estate del ‘92 il G.S.N. fu il primo gruppo speleologico europeo a dare il via alle esplorazioni speleologiche in Albania. A quella spedizione nel Paese delle Aquile ne seguirono altre quattro negli anni successivi. Il risultato più importante ottenuto in Albania è stato sicuramente la fondazione del Catasto delle Grotte Albanesi. Oltre alle esplorazioni in Albania, gli speleologi neretini hanno effettuato campagne sui Balcani, sui Pirenei ed in Grecia. In ambito nazionale i risultati maggiori si sono avuti sui monti Alburni in collaborazione con altri Gruppi pugliesi, e – naturalmente – nel Salento. Scoperta, esplorazione e descrizione delle grotte sono quindi le premesse per lo studio dei fenomeni carsici ipogei. In questo ultimo settore il G.S.N. vanta decine di pubblicazioni nelle quali particolare risalto è dato ai processi di speleogenesi.